Venezia. Premio Speciale del 75mo della Fondazione Ente dello Spettacolo a Edgar Reitz


Premio Speciale per il 75°
della Fondazione Ente dello Spettacolo
a Edgar Reitz:
«Più che un premio è uno sguardo in campo lungo sulla mia vita e sul mio lavoro»

Venezia. È uno dei momenti più importanti per la Fondazione Ente dello Spettacolo alla Mostra di Venezia: il Premio Speciale per il 75° della Fondazione Ente dello Spettacolo a Edgar Reitz, assegnato insieme alle Giornate degli Autori per celebrare il magistero di un grande autore europeo. Un riconoscimento nato per festeggiare il settantacinquesimo anniversario dell’Ente dello Spettacolo (la cui forma di “Fondazione” arrivò solo nel 2006, per adeguarsi al nuovo assetto amministrativo). “Per noi è un dovere celebrare la nostra memoria in un modo non effimero – spiega mons. Davide Milani, presidente della FEdS – ma rendendo omaggio a chi ha portato il proprio contributo alla storia del cinema. E il premio a Edgar Reitz non è casuale: è un maestro che per tutta la sua carriera ha sentito la necessità di scrivere e riscrivere la storia del nostro continente, riflettendo sulla nostra percezione del secolo breve. Già nel 2011, sotto un’altra presidenza, la Fondazione organizzò una grande giornata studi dedicata al nuovo cinema tedesco: ci sembra che oggi quel filo si riannodi grazie alla collaborazione le Giornate degli Autori: la nostra presenza qui ha senso perché si intreccia con altre storie. Chi non sa dialogare non esiste”.

“Era impensabile che, a trent’anni dal trionfo a Venezia di Heimat 2 e in occasione del suo restauro, Edgar Reitz non tornasse alla Mostra del Cinema – dice Giorgio Gosetti, delegato generale delle Giornate degli Autori –. Desidero ringraziare la Fondazione Ente dello Spettacolo, perché senza il loro contributo non avremmo potuto celebrare questo grande maestro con un premio unico e speciale. Un riconoscimento reso possibile anche dal supporto dell’Istituto Goethe e della casa di distribuzione Viggo e dalla generosità di due grandi studiosi e amici come Giovanni Spagnoletti e Alessandra Thiele. Era necessario che Venezia ringraziasse Reitz, un autore che ha sempre portato le sue opere al Lido. Spesso in momenti molto particolari: Heimat arrivò nel 1984, nella seconda edizione diretta da Gian Luigi Rondi, ed Heimat 2 fu presentato nel 1992, primo anno della gestione di Gillo Pontecorvo. Questo premio ha un significato profondo: racconta la memoria del cinema e la memoria degli spettatori”.


Si legge nella motivazione del premio: “L'opera di Edgar Reitz costituisce la preziosa testimonianza di un intellettuale che ha saputo conciliare il Mito e la Storia all’altezza di un rapsodico racconto corale reinventando il linguaggio filmico, attraverso uno sguardo poetico e civile, epico e lirico, capace di incrociare la complessità della realtà sociale con un’appassionata cronaca familiare. Con questo premio speciale e unico vogliamo omaggiare il magistero di questo grande autore del cinema europeo e allo stesso tempo celebrare la nostra storia”.

Per scoprire meglio l’opera di Reitz, la parola a Giovanni Spagnoletti, critico e grande studioso del nuovo cinema tedesco: “Venezia significa molto per Reitz: vi debuttò giovane autore nel 1967 con Tavola dell’amore, tornò con Heimat e nel 2013 ha presentato qui il suo ultimo lavoro, L’altra Heimat. Heimat è il film che chiude la storia del nuovo cinema tedesco, iniziata nel 1962 e idealmente finita con la morte di Rainer Werner Fassbender. Heimat rappresentò una forma nuova per l’epoca e che adesso è il pane corrente dell’audiovisivo: segnò il passaggio dal film inteso come racconto breve all’epica delle serie e del romanzo tolstojano. Con la sua suddivisione in puntate diventò un appuntamento settimanale che formò una comunità: il pubblico si riuniva per godere di un’esperienza che non aveva precedenti. 

Spesso la parola maestro viene usata a sproposito: lui lo è davvero. Ha iniziato con Alexander Kluge un cammino che ha permesso di ripensare un modo di fare il cinema lontano da quello tradizionale”. “Per me è un grandissimo onore ricevere questo premio – afferma Reitz – che celebra un percorso. E mi piace che avvenga a Venezia, dove quasi tutti i film miei sono stati presentati: nel novantesimo anniversario della Biennale ci troviamo a celebrare anche un pezzo di storia del festival. Ho attraversato molte edizioni, conosciuto molti direttori, ho partecipato alla storica edizione del 1968: più che un premio è uno sguardo in campo lungo sulla mia vita e sul mio lavoro”.


E la stessa Biennale, nella persona del presidente Roberto Cicutto, omaggia il regista: “È una bellissima sorpresa ritrovare Reitz: nella mia vita precedente di produttore e distributore anni ottenemmo un grande successo in sala con Heimat 2”. E coglie l’occasione per regalare al maestro il volume che Gian Piero Brunetta ha scritto per ricostruire la storia della Mostra del Cinema. Non è l’unico libro presente in questa cerimonia: Reitz ha presentato in anteprima l’autobiografia che ha scritto durante la pandemia, che Spagnoletti definisce “monumentale, da considerare la quarta parte di Heimat”.

“Può nascere l’impressione che io abbia fatto un unico, lunghissimo film – spiega Reitz – ma in verità ho semplicemente raggruppato in un solo film ciò che avrei potuto raccontare in quaranta film. Infatti, se si guarda bene, ci sono molte differenze stilistiche tra i vari episodi. Però conta il racconto: i francesi della Nouvelle Vague sostenevano che fare cinema è una forma di scrittura che avviene con la cinepresa. Allora, sì, queste settecento pagine possono essere viste come Heimat 4”. E Heimat 2 è pronto a conquistare un nuovo pubblico: a partire dal 15 settembre fino a Natale, alla Casa del Cinema a Roma, torna in sala un’opera che ha cambiato il paradigma del cinema europeo.

Barbara Braghin


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